QUAKE CRAB (Cancer Tremoris)
Sembra uscito da
un romanzo di Jules Verne o da una cura di proteine spacciate su una
tv privata: è un granchio ma è cresciuto a dismisura, ha lasciato
il mare adattandosi a vivere sulla terra, in particolare nei deserti;
vive in cunicoli nelle zone aride del Madagascar e si ciba di rettili
e piccoli mammiferi: mimetizzandosi da roccia tende loro agguati,
finendoli con le chele irte di protuberanze ossee.
E' un animale
molto pericoloso quindi, alcune popolazioni indigene vedono nel
Cancer l'incarnazione maligna delle forze della terra, tanto che i
giovani patrizi delle tribù durante i riti di passaggio all'età
adulta sono chiamati a cacciarlo; chi tra loro infligge il colpo
mortale ottiene lo status di guerriero scelto ha il diritto a
brandire chele e aculei come armi rituali e a darle in testa agli
altri, con il che diventeranno armi irrituali.
Se muore di
vecchiaia, il Cancer si fossilizza al sole cocente creando bizzarre
strutture rocciose che danno riparo alle carovane nomadi, come gli
scheletri delle balene sulle spiagge patagoniche nei racconti di
Coloane.
Nel Capitolo 36
del libro di Marco Polo si legge che “Gli abitanti dell'isola di
Madagascar vedono ogni anno, sotto Natale tribù nomadi di Cancer
Tremoris tornare sulle spiagge dell'isola, rossi fuoco per
l'eccitazione della rimpatriata”. I maschi scavano tane, le femmine
depongono le uova prima dell'alba, nell'ultimo quarto di Luna, che si
schiudono subito; i piccoli dopo due settimane tornano
nell'entroterra, in una altrettanto stupefacente contro-migrazione.
Gli abitanti cercano di facilitarli chiudendo alcune strade,
rallentando il traffico e imponendo sui campi da golf la regola che
se un granchio manda la pallina in una direzione bisogna seguirla.
Che marcia
sbalorditiva, quella dei granchi di Natale! Come molte cose
dell'esistenza, che maturano segretamente e si mettono in moto
ineluttabili. Poche decisioni sono “improvvise”, la vita è fatta
di impercettibili scelte quotidiane, come mostra la parabola di
Calvino nelle “Cinque lezioni americane”: un giorno il re chiese
al filosofo Chuang-Tzu (quello che disse “ruba un pezzo di legno e
ti chiamano ladro; ruba un regno e ti chiamano duca”) di disegnare
un granchio. Lui rispose che aveva bisogno di 5 anni e una villa con
12 servitori. Dopo cinque anni il disegno non era cominciato. Ho
bisogno di altri 5 anni disse ancora. Li accordò. Allo scadere
Chuang-Tzu prese il pennello e con un solo gesto disegnò un granchio
perfetto.
A volte il tempo è
un concetto relativo...Quanto ci ha messo Chuang-Tzu fare il
disegno? Dieci anni ? Una vita ? “Il lavoro dello scrittore-scrive
Calvino-deve tener conto di tempi diversi: il tempo di Mercurio e il
tempo del Vulcano”, l'intuizione istantanea e gli aggiustamenti
pazienti, il tempo ”che scorre senza altro intento che lasciare che
i sentimenti e i pensieri si sedimentino, maturino”. Alla fine il
risultato arriva ed è necessario. Un po' come la marcia dei granchi.
“Ogni cosa è pronta, se il nostro cuore lo è”, dice
Shakespeare.
(Carlo
Grande)
"Quakecrab" cartapesta aerografata, ZoomTorino, anno 2014
Gruppo Neropece (Giorgia Cegna alias Koi Hatt, Giuseppe Puletto alias Enki Barta, Mattia Santarelli alias Ob Queberry)